Il XIX secolo è un periodo incredibilmente fecondo per quanto riguarda la scultura: la borghesia trionfante e i poteri politici si appropriano di tale attività, la prima per decorare le proprie abitazioni e ostentare la propria condizione sociale, i secondi per fissare nell’eternità gli ideali e le convinzioni dell’epoca.
La richiesta di opere scultoree raggiunge quantità rilevanti per questo tipo di arte che, dati i suoi costi, dipende quasi interamente dalle commissioni.
A partire dal 1945, il mondo dell’arte prende le distanze da questo tipo di scultura giudicata troppo ufficiale e un gran numero di opere “spariscono” nei depositi e sono lasciate in una sorta di purgatorio per vari decenni.
Soltanto alcune grandi personalità “moderne”, come Rodin, sfuggono a questo generale disinteresse.
Negli anni ’70, l’idea di trasformare la stazione d’Orsay in museo dà una nuova opportunità alla scultura della seconda metà del XIX secolo. Il nuovo edificio è in grado di offrire a questo tipo di arte uno spazio ideale: la grande navata centrale, illuminata dalla luce naturale e mutevole del giorno proveniente dalla volta di vetro. Il pubblico ha così la possibilità di riscoprire la scultura di questo periodo, in tutta la sua ricchezza e complessità.
Al momento della sua apertura, nel dicembre 1986, il museo d’Orsay ospita nelle sue sale un insieme di circa 1200 sculture, gran parte delle quali provenienti dalle vecchie collezioni del museo del Luxembourg, dal museo del Louvre e dai depositi dello Stato. Dal 1986, grazie agli acquisti realizzati, alla generosità dei privati, alle dazioni effettuate, il museo d’Orsay ha potuto colmare alcune lacune, in particolar modo nel settore della scultura straniera (Aetas aurea di Medardo Rosso nel 1988, Cassandra di Max Klinger nel 1990…), ed entrare in possesso di opere di rilievo (Busto di Cloto di Camille Claudel nel 1988…).
Le collezioni di scultura di cui dispone il museo, comprendono attualmente oltre 2200 pezzi, depositi in altri edifici compresi. Si tratta di collezioni vive più che mai e che si prefiggono lo scopo di tramandare la voglia di conoscere e ammirare la scultura della seconda metà del XIX secolo.
Alcune opere esposte
François Pompon , Orso bianco
Per anni, Pompon che tagliava il marmo per Auguste Rodine e per Camille Claudel, è uno degli sbozzatori più ricercati di tutta Parigi. Ma, a partire dal1905, per reazione all’espressionismo rodiniano, Pompon abbandona la figura umana privilegiando gli animali che osserva all’Orto Botanico: l’Orso bianco è il risultato più bello prodotto da questa sua nuova vena artistica ed è durante la presentazione di tale opera al Salon d’Automne, nel 1922, che l’artista ottiene tardivamente il suo primo successo pubblico. Egli ha difatti compiuto 67 anni.
Jean-Léon Gérôme (1824-1904). Gérôme che esegue “I gladiatori” (anonimo).
Jean-Léon Gérôme fu uno dei pittori francesi più celebri del suo tempo. Egli fu, durante la sua lunga carriera, oggetto di polemiche o critiche aspre, in particolare per aver difeso, contro le generazioni realiste e impressioniste, i codici di una pittura accademica in affanno.
Il fascino di Gérôme per i gesti dello scultore, per il suo dominio sulla materia e la sua capacità di darle forma lo fecero rivolgere al mito di
Pigmalione che infonde la vita a Galatea. Il “Monumento a Gérôme” fu commissionato dallo Stato nel 1905 e eseguito nel 1909. Morot, genero di Gérôme, vi ha incorporato il gruppo originale de “Il Gladiatore”, realizzato da Gerome nel 1878 e rimasto nello studio dell’artista.
Antoine-Louis Barye (1795-1875), Napoleone I un imperatore romano (1860-1865).
Modello originale in gesso di grandezza media
Cm 135 x 118 x 55
Barye aveva studiato gli animali al Jardin des Plantes e al gabinetto di anatomia comparata del Museum assieme a Delacroix. Le sue composizioni che hanno per soggetto gli animali sono sempre intense e drammatiche ma lo scultore non esclude tuttavia di prediligere un’iconografia classica e, come nel caso di questo modello in gesso del Monumento a Napoleone I destinato alla città di Ajaccio, realizzato nel 1865, una certa propensione per la continuità classica che ordina gli schemi e placa le passioni.
Per esprimere la maestosità imperiale di questo personaggio, Barye fa ricorso alla toga antica e alla statuaria equestre romana. (..)
L’imperatore, che ha in testa una corona di alloro, tiene in mano il globo del mondo; l’opera fu realizzata in scala molto grande, dato che la statua equestre definitiva misura oltre tre metri; l’effetto solenne è ulteriormente accentuato da una semplificazione delle masse e una idealizzazione del viso.
Emile-Antoine Bourdelle, Eracle uccide gli uccelli del lago Stinfalo
Formatosi dapprima a Montauban e successivamente a Tolosa, Bourdelle lavora in seguito come sbozzatore nella bottega di Rodin. Un’ammirazione e una stima reciproche uniscono i due uomini, anche se la volontà di sintesi e la costruzione per piani tipiche di Bourdelle si contrappongono subito al modello analitico di Rodin.
A partire dal 1905, Bourdelle cerca linee semplificate: “Contenere, mantenere, dominare, ecco l’ordine dei costruttori”, ripeteva ai suoi allievi. L’artista attinge oramai una buona parte dei suoi soggetti nella mitologia come nel caso di Eracle arciere il che gli consente di trasporre le sue ricerche su grande scala. (..)
L’eroe, raffigurato nudo, è combattuto fra due sforzi contrari: il braccio che tende l’arco ed il piede che si appoggia sulla roccia. Tutto questo denota una grande potenza, una tensione indomita. Il ricorso alla scultura greca primitiva e all’arte romana – occhi a mandorla, naso come prolungamento della fronte, zigomi ed arcate sopracciliari sporgenti- viene utilizzato come una sorta di catalizzatore della modernità.
Alexandre Schoenewerk, Giovane Tarantina
Statua di marmo realizzata nel 1871, ispirata ad un poema omonimo di André Chénier, poeta francese vissuto alla fine del Settecento, giustiziato a soli 31 anni durante la Rivoluzione. L’opera può servire a dimostrare quanto fosse vivo il “mito” della Taranto classica negli ambienti culturali europei del Neoclassicismo.
Jules Cavelier, Penelope detta anche Penelope addormentata
Con questa scultura, Cavelier, Prix de Rome nel 1842, illustra un episodio centrale dell’Odissea di Omero: durante i vent’anni di assenza di Ulisse, Penelope, a dispetto dei numerosi pretendenti al trono di Itaca che la spingono a scegliere un nuovo sposo tra di loro, resta fedele al marito.
Per differire il più possibile la sua scelta, ella promette di risposarsi solo dopo aver finito di tessere il lenzuolo funebre del suocero Laerte.
Per tre anni, la regina disfa di notte il lavoro fatto durante il giorno, finché lo stratagemma non viene svelato da un’ancella. Questo aneddoto del racconto omerico conobbe un notevole successo tra gli artisti, soprattutto pittori, fino alla fine del XIX secolo.(..)
La critica è unanime, come ricorderà più tardi Théophile Gautier: “Con la sua Penelope addormentata, Cavelier si è collocato al primo posto tra gli scultori moderni. Accasciata nei suoi casti panneggi, sopraffatta dalla fatica del lavoro, questa figura possiede una grazia pudica e severa, degna dei bei tempi antichi; perciò il successo dell’opera fu totale: non una critica discordante ruppe il coro degli elogi: gli artisti e la gente di mondo rimasero tutti altrettanto affascinati”. (Les Beaux-Arts en Europe, 1855).I drappeggi mostrano in effetti un elevato livello di virtuosismo, raramente raggiunto nella scultura del tempo, in cui si mescolano naturalismo e riferimenti all’arte greco-romana, più una sensibilità romantica mitigata. (..)
Denys Puech, Sirena
gruppo marmoreo (1889)
Jules Cavelier, Cornelia madre dei Gracchi
Questo gruppo scultoreo a tuttotondo, dalla severa simmetria mette in scena tre celebri eroi dell’Antichità: Tiberio e Caio Gracco e Cornelia, madre dei due fratelli. La costruzione piramidale e la postura assunta dalle figure rivelano la psicologia dei personaggi: Caio, il minore dei due figli è più vivace del primogenito Tiberio, più riflessivo e posato e che ha in mano una pergamena. La figura di Cornelia, che si prende amorevolmente cura dei sui suoi pargoli, risalta maestosa mentre costei, con calma e fermezza, sembra proprio che pronunci quelle parole ormai note a tutti i visitatori dei Salon del XIX secolo: alle eleganti patrizie, orgogliose dei loro preziosi ornamenti, Cornelia, indicando i suoi figli, era solita replicare “Sono questi i miei gioielli”.
Ernest Eugène Hiolle, Arione seduto sul Delfino (1870)
Questo marmo fu commissionato nel 1868 dallo Stato. Vi è anche un modello in gesso, eseguito a Villa Medici, nel 1865-1866, presentato al Salone degli artisti francesi nel 1867 e l’Esposizione Universale di Parigi nel 1868, poi nel Museo di Belle Arti di Valenciennes, attualmente non ritrovato.
Albert-Ernest Carrier-Belleuse, Torciere
Nel XIX secolo, sono pochi gli scultori che, come Carrier-Belleuse, hanno dedicato gran parte della loro carriera a quella che viene comunemente definita “scultura decorativa”. (..)
Fece lavorare nei suoi cantieri l’allora giovane Rodin e curò l’arredamento di numerosissimi edifici di prestigio. A lui si rivolge l’architetto Garnier per le torce del nuovo Opéra delle quali vediamo qui i modelli in gesso. (..)
Le torce da lui realizzate sono uno dei pezzi forti della struttura che conquista lo spettatore nel grande scalone. La disposizione a piani delle figure, la distribuzione delle luminarie che si suppone fossero sostenute dai personaggi, la torsione dei corpi e la molteplicità di direzioni verso le quali sono rivolti i visi sono altrettante innovazioni che rivoluzionano il problema dell’illuminazione e trasformano quest’insieme volteggiante nel cardine dell’architettura.
Vincent Feugère des Forts, La morte di Abele
statua di marmo datata 1865
Jean-Baptiste Carpeaux, Il Conte Ugolino
Carpeaux realizza questo gruppo scultoreo dal 1857 al 1861 soggiornando più a lungo del previsto a Villa Medici. L’artista non si è attenuto alle norme accademiche che imponevano soltanto una o al massimo due figure e un soggetto tratto dall’Antichità o dalle Sacre Storie. Non ascoltando i rimproveri che gli vengono mossi, l’artista ha preferito “dare voce alle passioni più violente e unire a queste la tenerezza più delicata”, confida in una lettera ad un amico.
Ogni bambino rappresenta una tappa verso la morte. L’espressione di dolore e di angoscia del padre: il viso, le mani ed i piedi contratti, il modellato nervoso del corpo ed in particolare della schiena attestano lo studio attento e rigoroso del mitologico Laocoonte, di Michelangelo e della celebre opera di Géricault dal titolo Zattera della Medusa.
Jean-Joseph Perraud – La Disperazione
Modello in gesso esposto al Salone del 1861 con il titolo “Null’altro che il dolore al mondo dura”
Georges Lacombe, L’Esistenza
Nel gruppo dei pittori nabis, Lacombe è il “nabi scultore”. Gli piace soprattutto intagliare direttamente il legno e la sua opera è fortemente influenzata dall’arte di Gauguin. L’Esistenza fa parte di un insieme di quattro pannelli di legno che, in origine, costituivano le quattro sponde di un letto. Lacombe lo aveva realizzato tra il 1894-1896 per la sua bottega a Versailles, che egli chiamava con l’appellativo di “ergastêrion dei Nabis”. Sulle lunghe fiancate, sono raffigurate due coppie, all’inizio e alla fine della loro vita in comune, L’Amore e La Morte; ai piedi del letto, è scolpita La Nascita, sulla testata, invece, L’Esistenza, che è il più esoterico dei pannelli.
La Nascita
L’Amore
La Morte
Auguste Clésinger, Donna morsa da un serpente
Per questa immagine suggestiva, raffigurante una donna nuda che si contorce a causa del morso di un serpente simbolico attorcigliato attorno al suo polso, Clésinger, come del resto testimonia la cellulite visibile sulla parte alta delle cosce e riprodotta sul marmo, aveva fatto ricorso ad un calco dal vero sul corpo di Apollonie Sabatier (1822-1890), donna affascinante e dai liberi costumi. (..)
L’uso diretto del calco dal vero per una scultura era un procedimento che, nel XIX secolo, era oggetto di feroci critiche in quanto implicava l’assenza di lavoro e di onestà dell’artista. (..)
Tuttavia, le forme generose il cui estremo realismo scandalizzò il pudico pubblico del Salon, sono associate ad elementi più convenzionali: il viso idealizzato meno espressivo, il basamento coperto di fiori come le decorazioni in bronzo di una pendola. Tali elementi fanno di la Donna morsa da un serpente l’esempio perfetto dell’eclettismo nel campo della scultura.
Eugène Guillaume, Anacreonte (poeta greco antico)
Statua in marmo (1851)
James Pradier, Saffo
Conosciuto e stimato sin dal 1820, Pradier ricevette commissioni da tutti i regimi politici che, di volta in volta, si successero in Francia. (..) Tuttavia, il suo stile non può essere ridotto alla semplice introduzione di un piacevole sensismo nel repertorio anticheggiante: il dramma dolorosamente contenuto e sordamente palpitante di Saffo (1852) ne è una conferma esemplare. Certamente la figura coniuga la nobiltà del marmo e la dignità del soggetto ma, la nitidezza della costruzione, il carattere veemente del gesto, l’intensità meditativa dell’espressione conferiscono improvvisamente a questa statua una presenza ed una interiorità intensa: Saffo, poetessa dell’antica Grecia, in preda alla disperazione, pensa al suicidio. (..)
Nel 1852, mentre la sua Saffo era esposta al Salon, Pradier morì all’improvviso: la scultura fu allora ricoperta con un velo nero e all’artista fu conferita, a titolo postumo, la medaglia d’onore della mostra.
Albert-Ernest Carrier-Belleuse, Hebe addormentata
gruppo marmoreo (1869)
Eugène Delaplanche, Eva dopo il peccato
statua di marmo (1869)
Falguière Alexandre, Tarcisio martire cristiano
Statua coricata in marmo datata 1868
Paul Cabet, Suzanne uscita dal bagno
Statua in marmo del 1861
Jean-Baptiste Carpeaux, Le quattro parti del mondo che sorreggono la sfera celeste
Nel 1867, il barone e prefetto di Parigi Haussmann, che ha dato alla città l’aspetto che ancora oggi possiamo ammirare, commissiona a Carpeaux una fontana per il giardino del Observatoire.
Lo scultore scelse allora di rappresentare le quattro parti del mondo che ruotano attorno alla sfera celeste. Le quatto allegorie non solo sono intente a danzare una carola ma girano anche su loro stesse. L’Europa appoggia a malapena i piedi per terra, l’Asia, con la sua lunga treccia, è quasi di spalle, l’Africa è di trequarti, l’America, con le penne in testa, ha il corpo di profilo ed il viso di fronte. (..)
Il groviglio di gambe non è per nulla piaciuto al pubblico dell’epoca.(..)
La figura dell’Africa ha dato origine al busto scolpito da Carpeaux con la scritta Perchè nascere schiavo.
Il riferimento all’abolizione della schiavitù è anche visibile sulla statua: attorcigliata attorno alla sua caviglia c’è una catena rotta sulla quale l’America posa il piede.
Antonin Mercié, David
A seguito della guerra del 1870 e con la conseguente disfatta del paese, la società francese è pervasa da un sentimento di umiliazione e da un desiderio di rivincita. Un simile stato d’animo fa intravedere in questo David la promessa di una Francia che un giorno sconfiggerà, nonostante la sua debolezza, Il Golia prussiano, seguendo l’esempio del giovane pastore di Israele che, con l’aiuto della sua fionda, aveva ucciso il nemico gigante. In questo modo la scultura ottiene subito un immenso successo. (..)
Charles Degeorge, Aristotele Giovane
Statua in marmo realizzata nel 1875
Charles Cordier, Negro del Sudan
Nel 1847, Charles Cordier incontra un modello africano, un tempo schiavo e rimane colpito dalla sua bellezza al punto da farne il ritratto. Decide allora di dedicare la sua carriera di scultore alla rappresentazione delle diverse fisionomie umane. (..) Questa che vediamo è una delle prime realizzazioni policrome dello scultore. Il viso è di bronzo, il mantello ed il turbante sono in marmo-onice d’Algeria.(..) Questi giochi di colore sono del tutto nuovi per il gusto dell’epoca, abituato a vedere, come è possibile notare in questa ala del museo d’Orsay, sculture in marmo bianco o in bronzo.
Jean-Baptiste Carpeaux, Il trionfo di Flora
Prossimo al crollo, il padiglione di Flora viene demolito e ricostruito dall’architetto del nuovo Louvre di Napoleone III, Hector Lefuel, per poter accogliere gli appartamenti del principe imperiale.
Forte del successo di Ugolino, nel 1864 Carpeaux vede affidarsi la decorazione del coronamento della facciata sud, lato Senna: si tratta di un frontone ornato da figure allegoriche, La Francia imperiale porta la luce nel mondo e protegge la Scienza e l’Agricoltura, di un rilievo sull’attico, Flora, e di un fregio di putti che brandiscono delle palme.
Lo scultore realizza numerosi schizzi preparatori per le figure del frontone, ispirandosi, per la Scienza e l’Agricolturaalle allegorie del Giorno e della Notte scolpite da Michelangelo per le cappelle medicee a Firenze Carpeaux accumula sempre più ritardo provocando così l’esasperazione di Lefuel, il quale minaccia di ritirargli il progetto. Contemporaneamente, Carpeaux lavora attivamente all’altorilievo di Flora, passando da una composizione di stampo rinascimentale a una figura sorridente e rubensiana, vibrante di vita.
Manifesto di un eclettismo che rinnova profondamente la scultura moderna, la composizione spezza il vincolo di secolare asservimento della scultura decorativa all’architettura. D’altro canto Lefuel, indignato per la sporgenza della figura, che ritiene inadatta alla disposizione del progetto, minaccia Carpeaux di livellarne la testa. Lo scultore chiede allora l’arbitraggio dell’imperatore e ottiene la meglio. Inaugurato nel 1866, l’insieme del gruppo scultoreo pensato da Carpeaux consacra la sua celebrità.
Jean-Baptiste Carpeaux, La Scienza e l’Agricoltura (vedi sopra)
Modello originale per il completamento della facciata sud del padiglione Flore, commissionato nel 1863.
Jean-Baptiste Carpeaux, Nostra Signora del Santo cordone
modello in gesso non finito del 1864, con struttura in legno visibile nella parte posteriore, ricoperto di una patina nera.
L’8 settembre 1008, la Vergine avrebbe salvato dalla peste la città di Valenciennes circondandola con un cordone protettivo
Eugene Guillaume, Il mietitore
Statua in bronzo realizzata dall’artista nel 1849, fonderie Eck et Durand
Eugène Guillaume, Gracchi
Doppio busto in bronzo realizzato nel 1853, fonderie Eck et Durand
Jean-Baptiste Carpeaux, La Danza
Nel 1863, Charles Garnier, l’architetto che progettò il nuovo Opéra di Parigi, commissionò a quattro artisti vincitori del Prix di Roma, altrettanti gruppi di sculture per decorare la facciata dell’edificio. Carpeaux fu scelto per illustrare il tema della danza. Per tre anni, l’artista realizzò un gran numero di schizzi e plastici, prima di ideare questa farandola volteggiante di donne che circondano il genio della danza. (..)
Il pubblico rimase scandalizzato dal realismo dei nudi femminili, giudicati sconvenienti: una bottiglia di inchiostro fu addirittura scagliata contro questo gruppo di sculture, del quale fu perfino chiesta la rimozione. Tuttavia, la guerra del 1870 prima, la morte di Carpeaux poi, posero fine alle polemiche.
Jules Lafrance, San Giovanni Battista bambino
Statua in marmo del 1878 (a destra)
Paul Dubois, Victor Thiebault – San Giovanni Battista bambino
Statua in bronzo del 1861 (a sinistra)
Gérôme Jean-Léon, Corinthe
Statua policroma in gesso, cera e filo di metallo, fatta dall’autore prima del 1903
Auguste Rodin, Porta dell’Inferno
Nel 1880 lo Stato commissionò a Rodin una porta monumentale. Quest’ultima doveva essere ornata da undici bassorilievi rappresentanti scene tratte dalla Divina Commedia di Dante Alighieri. Rodin si ispira alle celebri porte che il Ghiberti aveva realizzato nel XV secolo per il battistero di Firenze.
Dopo tre anni, l’artista giunge ad un primo risultato che lo soddisfa, ma il progetto del museo viene abbandonato. Così, questa porta che non ha più una precisa destinazione, diventa per Rodin una sorta di serbatoio creativo per numerosi gruppi scultorei indipendenti dalla porta stessa come Il Pensatore o Il Bacio.(..)
Sul trumeau, il Pensatore(Dante stesso) sovrasta l’abisso. Sul battente di destra è riconoscibile la figura del Conte Ugolino. Su quello di sinistra, invece, Paolo et Francesca sono inseriti in un rotolio di corpi. L’insieme emerge da lave ribollenti. I gesti convulsi esprimono la disperazione, il dolore, il castigo. Le forme invadono la struttura al punto da arrivare a sostituire, talvolta, gli elementi architettonici.
Auguste Rodin, Musa del Monumento a Whistler
Statua in gesso (dopo il 1905)
Auguste Rodin, Il Conte Ugolino
Rodin sosteneva che La Divina Commedia non lo abbandonava mai: lo scultore, infatti, ne teneva sempre una copia in tasca. In quest’opera Rodin illustra uno degli episodi più cruenti del monumentale poema dantesco. Il Conte Ugolino, imprigionato con i suoi figli nella Torre dei Gualandi che diventerà poi la loro tomba, assiste inerme alla morte dei suoi congiunti. Quindi, stremato dalla fame, si ciba delle loro carni per poi soccombere lui stesso. Ugolino vaga, privo di ogni forma di dignità umana, ridotto allo stato di bestia.
Edgar Degas, Ballerina di 14 anni
(..) Colorata con tonalità naturali, pettinata con capelli autentici, vestita con un tutù e con delle vere e proprie scarpette, è la testimonianza di un iperrealismo e di un verismo spinti fino all’estremo. (..) Degas portava all’estremo la logica del realismo, così in voga del resto, dipingendo senza trucco né ipocrisia, in modo quasi scientifico, la società del suo tempo.
I colori della scultura, presentata da Degas alla mostra impressionista del 1881, sono molto naturali, i capelli autentici, è vestita con un tutù e con delle vere e proprie scarpette di raso. L’opera fu giudicata negativamente dai critici per il modo in cui venne mostrata una ragazzina di quattordici anni: la paragonarono addirittura ad una scimmia e a una mummia azteca. L’artista ci mostra invece con spietato realismo i segni lasciati sul corpo dell’adolescente dal duro lavoro della danza. La modella fu una giovane ballerina di nome Marie Geneviève van Goethem.
Il contenuto delle didascalie è stato tratto da:
http://www.musee-orsay.fr/it/collezioni/catalogo-delle-opere/notice.html?no_cache=1&nnumid=016032&cHash=948533d3a2